Contestare un lavoro fatto male
Per contestare un lavoro fatto male i vizi e difetti vanno segnalati in modo preciso
A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione che ha sancito che la denuncia dei vizi e difetti dei lavori mal eseguiti non deve obbligatoriamente essere analitica, ma deve indicare in maniera precisa tutti i problemi di cui ci si lamenta e di cui occorre accertarne le cause per poi risolverli.
Nei contratti di appalto privato il committente che vuole contestare all’appaltatore la cattiva esecuzione dei lavori deve farlo in modo preciso e circostanziato, a questa conclusione è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza numero 25433 del 2013.
Nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, un committente privato aveva chiesto di rideterminare la somma dovuta all’appaltatore contestandogli la cattiva esecuzione dei lavori.
L’appaltatore era un’impresa edile che in prima istanza si era dimostrata disponibile ad effettuare un sopralluogo per verificare eventuali difetti dei lavori eseguiti senza però porvi rimedio. Quindi l’impresa aveva in qualche modo riconosciuto d’aver eseguito alcuni lavori non a regola d’arte.
Malgrado ciò, la Cassazione ha respinto la richiesta del committente affermando che la denuncia dei vizi e difetti, anche se non deve essere necessariamente analitica, deve comunque contenere una valutazione, meglio se tecnica, dei vizi e difetti in modo che essi possano essere accertati anche in un momento successivo.
Cosa prevede la legge per contestare un lavoro fatto male
La Corte di Cassazione ha dunque sancito che non è quindi sufficiente una generica contestazione o protesta fatta con una semplice lettera generica, perché in questo modo la disponibilità dell’appaltatore alla verifica dei problemi sollevati non può tradursi nell’assunzione di un valido impegno all’eliminazione dei vizi e difetti non avendo egli contezza del loro tipo e/o della loro gravità o di come porvi rimedio.
Senza una precisa indicazione da parte del committente dei vizi e difetti, anche l’impegno dell’appaltatore rimane indeterminato.
L’appaltatore per non incorrere nell’indeterminazione della propria denuncia avrebbe dunque dovuto contestare un lavoro fatto male facendo rilevare tecnicamente i vizi e difetti del lavoro appaltato ad un tecnico o perito di parte che attraverso una puntuale perizia avrebbe potuto denunciare i vizi e difetti dell’opera, prospettando magari anche i possibili rimedi da porre in atto a carico dell’impresa edile.
Ricordiamo che ai sensi dell’articolo 1667 del Codice Civile, l’appaltatore risponde per difformità e vizi occulti dell’opera se il committente li denuncia entro 60 giorni dalla scoperta. La consapevolezza della presenza dei vizi può però cominciare dal momento in cui viene redatta una perizia sui lavori mal eseguiti.
Se il committente intende intraprendere una causa, egli deve comunque agire entro un massimo di due anni dalla denuncia.
Nel caso in cui non voglia agire subito in giudizio, il committente dei lavori deve comunque compiere tutti gli atti idonei a interrompere la prescrizione, altrimenti non potrà più intraprendere nessuna azione legale o semplicemente non potrà più pretende alcun risarcimento dall’impresa edile sebbene questa abbia fatto i lavori non a regola d’arte, con vizi e difetti.
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